mercoledì 10 agosto 2022

La lettera del giudice: «Quel suicidio è anche colpa mia…»

 








La Notizia in sè


Le parole di Vincenzo Semeraro, magistrato di sorveglianza del Tribunale di Verona, al funerale della giovane morta suicida in carcere

«Se in carcere muore una ragazza di 27 anni così come è morta Donatella, significa che tutto il sistema ha fallito. E io ho fallito, sicuramente…». Le parole di Vincenzo Semeraro, magistrato di sorveglianza del Tribunale di Verona, suonano come un monito e, insieme, un’autocritica lucida. La sua lettera, letta ad alta voce da un’amica di Donatella, ha rotto il silenzio della chiesa di Castel d’Azzano, dove lunedì è stato celebrato il funerale della 27enne, morta suicida in carcere lo scorso 2 agosto. Il suo nome è uno dei tanti sulla triste lista che, ormai, viene aggiornata ogni giorno. Nomi che non fanno notizia, generalmente....«Credo davvero a ciò che ho scritto in quella lettera – aggiunge Semeraro -: quando si muore così vuol dire che il sistema dell’esecuzione penale, così come è concepito in Italia, ha fallito. E tra i primi soggetti che hanno fallito io metto me stesso». Ma cosa poteva fare di più un singolo magistrato? «Non lo so. So che avrei potuto. Magari parlandoci 10 minuti in più, magari dicendole due parole di conforto in più o tenendola mezz’ora di più a colloquio quando veniva da me. Non lo so, credo che avrei potuto fare mille cose. Ed è vero, è il sistema che ha fallito, io però sono un ingranaggio del sistema», aggiunge.....«Il carcere come istituzione è pensato per gli uomini – sottolinea Semeraro -, perché è un’istituzione che ha come scopo primario quello di contenere la violenza e l’aggressività, che sono caratteristiche tipicamente maschili. Un carcere che dia modo alla emozionalità, caratteristica tipicamente femminile, di esprimersi, in Italia non c’è. Trattare la detenuta come se fosse un detenuto è un errore marchiano. Poi i risultati sono questi». Ma più in generale, a non convincere il magistrato è la filosofia del “chiuderli dentro e buttare la chiave”. «Tutto ciò è sicuramente in contrasto con l’articolo 27 della Costituzione, che non parla di pena, ma di pene. È chiaro che il legislatore del 1948 non poteva pensare alle misure alternative alla detenzione, forse erano troppo in là da venire – aggiunge -, però già da allora non si pensava alla reclusione o all’arresto come unica forma di esecuzione della pena. E questo è molto importante. Ora, al di là del fine costituzionale della pena, fingiamo che le misure alternative non esistano e che la pena vada scontata interamente in carcere......


https://www.ildubbio.news/2022/08/09/la-lettera-del-giudice-quel-suicidio-e-anche-colpa-mia/


Oggi facciamo Memoria di quarantasette tra donne e uomini che nelle carceri italiane hanno scelto di morire piuttosto che trascinare l'esistenza tra abbandono, perdita della dignità, anche dieci persone in una cella pensata per quattro, violenza sistemica, solitudine morale e spirituale. Superare il carcere è una prospettiva necessaria.


https://www.facebook.com/cldtabacco/posts/pfbid02szx4gqwHMDprTkM4sLw1Ue1QHZpLP6eGXGw9swowtcPyd3j1PfKwfKh3Q7wzTUSEl




Enrico Costa

@Enrico__Costa

Da inizio anno 47 suicidi in carcere. 5 nei primi 7 giorni di agosto. Enzo Tortora parlava di detenuti lasciati “a fermentare, nei bidoni di ferro delle carceri: piene di disperati, di non interrogati, di sventurati,  e di, come me, innocenti”. È rimasto tutto uguale. Ed incivile


Enrico Costa

@Enrico__Costa

Sul fatto che i giornali non sappiano cosa sia la presunzione d’innocenza sono d’accordo. Salvo Dubbio e Riformista, non c’è distinzione tra destra e sinistra, sono tutti uguali. Se c’è da sbattere un’indagato in prima pagina lo fanno. E quando viene assolto 4 righe a pagina 30.

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