lunedì 27 luglio 2020

Le immagini ci mostrano chiaramente quello che temevamo, ovvero che gli anziani sembrano essere invisibili nella nostra società”.




Milano, anziano e cane abbandonati: le reazioni dei passanti. L'ultimo esperimento sociale dello youtuber Kiko.co


Anziano abbandonato con un biglietto: Se non ti serve mettilo in ospizio





Un anziano e un cane a pochi metri di distanza l’uno dall’altro sono stati abbandonati per finta - con tanto di cartello esplicativo - nei pressi di piazzale Cadorna, a Milano. In un’ora si registra un gran via vai di passanti - la maggior parte indifferente ai due abbandoni -, mentre ad intercettare chi si ferma c’è Kiko.co, l'autore di questo nuovo esperimento sociale. Tra commenti indignati ed espressioni incredule, il risultato finale è di 11 persone preoccupate per il French Bulldog e due per l’attore scritturato dalla troupe per fare l'anziano. “C’è chi avrebbe voluto adottare il cane e chi ha provato a lasciare dei soldi per l’anziano, ma la sproporzione di interesse è evidente  - racconta lo youtuber, campione di visualizzazioni sui social - L’idea è nata dopo aver letto le reazioni degli utenti in merito a un nostro video simile, pubblicato nelle scorse settimane, sull’abbandono di un cane per Covid-19”. “Così abbiamo lavorato a questo nuovo filmato, accostando all’animale domestico un uomo visibilmente in là con gli anni e lasciato solo dai suoi familiari, per osservare le reazioni dei passanti e sensibilizzare i nostri utenti sul tema - aggiunge - . Le immagini ci mostrano chiaramente quello che temevamo, ovvero che gli anziani sembrano essere invisibili nella nostra società”.

di FRANCESCA ROBERTIELLO 

giovedì 23 luglio 2020

Mattia Feltri La violenza di Stato -a essere marcio è tutto il sistema. Per cominciare, non funzioniamo noi




Genesi e attualità della Costituzione italiana



https://www.huffingtonpost.it/entry/la-violenza-di-stato_it_5f1981e1c5b6f2f6c9f24289?nmj&utm_hp_ref=it-homepage


Ma a essere marcio è tutto il sistema. Per cominciare, non funzioniamo noi, ..... ormai abituati a un Paese che ha cancellato ogni regola





''Ma c’è un diritto fondamentale, su cui si fondano tutti gli altri: è il diritto all’inviolabilità e alla libertà dell’essere umano. È un diritto tutelato dal Diritto, e il gioco di minuscole e maiuscole non richiede altre spiegazioni. Sappiamo per statistica dei mille di noi – tre al giorno – ogni anno incarcerati da innocenti. Sappiamo dalle rilevazioni periodiche del numero debordante, in paragone alle medie europee, di donne e uomini reclusi in attesa di giudizio, quindi innocenti secondo la Costituzione, la legge fondamentale su cui abbiamo scelto di edificare la nostra democrazia, e quotidianamente tradita in un silenzio rotto da poche e flebili voci. Chi si ostina a protestare viene chiamato garantista con un accento di disprezzo culminato nella scellerata dichiarazione del responsabile giustizia del Pd (santo cielo), che ha parlato di giustizialismo e garantismo come di opposti estremismi. Ma se il Diritto continua a passare per un trastullo da signorini, nessun altro diritto – all’istruzione, alle cure, al lavoro – sarà mai all’altezza della nostra ambizione di chiamarci Stato di diritto e democrazia liberale.'' 

''ci affaccendiamo da mattina a sera in un Paese che ha cancellato ogni regola, e dovrebbero bastare le cifre dell’evasione fiscale e dell’assenteismo per inchiodarci all’evidenza''

domenica 19 luglio 2020

per liberarsi dal mito ''procura di Milano... Borrelli Davigo ed altri

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''Più delle vittime di una giustizia feroce hanno sofferto solo loro: i figli delle vittime di un giustizia feroce. Le storie di Nicole e di Francesco''



''Sono i loro racconti a svelare l’orrore, che si nasconde in certi angoli oscuri delle democrazie e che produce frustrazione, rabbia, desiderio di vendetta e avvelena il clima di una comunità già esasperata dal declino economico e civile. Sono i loro racconti, a volerli ascoltare, che ci mostrano che cos’è diventata oggi la giustizia in Italia: una potente macchina di dolore umano non giustificabile.''


''Bisogna chiedersi che è accaduto in una democrazia quando un padre dice a una figlia: “Se tu là fuori da sola non ce la fai, se hai bisogno di me, ti accontento”, cioè confesso non ciò che è vero, ma ciò che vogliono che io confessi. E quando un altro padre scrive a un figlio: “Io devo andare perché voi siate liberi”. E si spara in testa''

sabato 18 luglio 2020

L’arma potente del dirittoIn Italia, senza residenza non si può essere assunti, non ci si può iscrivere alle liste per l’assegnazione del medico di base o delle case popolari, non si può fruire di alcune misure di welfare, si perde la previdenza sociale e non si può votare




L’arma potente del dirittoIn Italia, senza residenza non si può essere assunti, non ci si può iscrivere alle liste per l’assegnazione del medico di base o delle case popolari, non si può fruire di alcune misure di welfare, si perde la previdenza sociale e non si può votare

https://www.mariocalabresi.com/stories/larma-potente-del-diritto/


Per Antonio Mumolo, non esistono cause perse. È convinto che ognuno meriti di far valere i propri diritti ed è stato lui a gettare le fondamenta di quello che definisce «lo studio legale più grande d’Italia e pure quello che fattura meno». Nato a Brindisi nel 1962, Mumolo si è trasferito a Bologna da studente universitario e non se n’è più andato. È avvocato giuslavorista ed è impegnato in politica, ma sin da ragazzo ha dedicato tempo al volontariato. Esattamente 20 anni fa ha avuto l’idea con cui è riuscito a unire il lavoro e la propensione per il prossimo. Lui, infatti, è il fondatore e il presidente di “Avvocato di strada”, onlus che offre tutela legale gratuita alle persone senza fissa dimora e alle vittime della tratta di esseri umani. L’associazione conta su 1.075 volontari in tutto il Paese, ha sportelli in 55 città e nel 2019 ha dato risposta a quasi quattromila richieste di assistenza. Dopo aver dato battaglia sul “decreto Salvini”, ora è pronta a sostenere la regolarizzazione dei migranti sfruttati e costretti a lavorare in nero.


«Tutto – racconta Mumolo – origina dalla mia esperienza con “Amici di Piazza Grande”, associazione bolognese che ho contribuito a fondare nel 1993 e che si occupa di emarginazione sociale. Il principio portante è quello dell’auto-aiuto. Tra i progetti realizzati, ad esempio, ci sono un laboratorio per riparare biciclette, una sartoria e un giornale, il primo in Europa fatto e venduto da senza fissa dimora. Iniziative che vanno oltre la mera solidarietà, che liberano dall’umiliazione di mendicare e mirano a insegnare un mestiere». Avvicinando la gente per strada o nei dormitori, però, Mumolo si accorge di una cosa: tantissimi gli chiedono consulenza giuridica, per i problemi più disparati. «Ho capito che c’era una grossa fame di diritti. Che, invece di limitarmi a distribuire coperte o pasti caldi, sarei stato più utile mettendo a disposizione gratuitamente la mia professionalità. Ricordiamoci che chi non ha una casa, e quindi non ha residenza, non ha accesso al patrocinio a spese dello Stato».

Mumolo, insomma, si rende conto che il diritto costituzionale di agire e difendersi in sede giudiziaria è un miraggio per chi non può permettersi un avvocato. Così, lui e una collega si organizzano: ciascuno dedica un paio d’ore alla settimana ad ascoltare grane legali e a cercare di risolverle. Nel gennaio 2001 viene inaugurato il primo sportello di assistenza; nel 2007 nasce la onlus. «C’era la fila ai ricevimenti – ricorda Mumolo – ho impresso nella memoria il “cliente 1”: era un pranoterapeuta, aveva appena superato grossi problemi di alcolismo e voleva riprendere a lavorare per potersi affittare un alloggio. Grazie al parroco aveva trovato un locale da adibire a studio, avrebbe dovuto aprire la partita Iva, ma non poteva registrarsi alla Camera di Commercio perché la sua domanda di residenza era stata rigettata dal Comune di Bologna. Se non avesse incontrato noi, non avrebbe potuto impugnare il provvedimento di diniego e probabilmente sarebbe rimasto per strada».

Questo, secondo Mumolo, è il punto. In Italia, senza residenza non si può essere assunti, non ci si può iscrivere alle liste per l’assegnazione del medico di base o delle case popolari, non si può fruire di alcune misure di welfare, si perde la previdenza sociale e non si può votare. «Stiamo parlando di un diritto soggettivo che i Comuni non potrebbero negare. Del resto, converrebbe alle amministrazioni stesse rendere visibili persone che esistono e vivono sul loro territorio. Il fatto di poter rintracciare i cittadini è una questione di sicurezza, perciò la residenza è regolata da disposizioni di diritto pubblico e gli elenchi anagrafici sono sotto il controllo del ministero dell’Interno»

Ed è proprio il caso del “cliente 1” a fare scuola. «Presentammo ricorso d’urgenza al tribunale – continua Mumolo – una settimana prima dell’udienza, il Comune comunicò che aveva deciso di dare la residenza al nostro assistito, in quanto “meritevole”, ma che si sarebbe costituito in giudizio per dimostrare che la nostra interpretazione delle norme era sbagliata. Invece, abbiamo vinto noi. Con le spese processuali che ci sono state riconosciute abbiamo comprato computer e materiale per l’ufficio. Soprattutto, un giudice aveva stabilito che la residenza non si concede in via discrezionale ai meritevoli, si dà e basta. Forti di quel precedente, abbiamo scritto una lettera al Comune per informarlo che i dormitori della città erano frequentati da 400 persone senza dimora e che avremmo fatto causa per tutte. Risultato? Hanno ottenuto la residenza e molte si sono affrancate dalla strada. Da lì in avanti, abbiamo conquistato varie sentenze favorevoli».

Intanto, “Avvocato di strada” cresce. Si dota di uno statuto e di un regolamento. Ai legali, sempre più numerosi, si aggiungono volontari che si occupano dei servizi di segreteria e archivio, mentre si ampliano gli orari di ricevimento e si comincia a uscire dalla sede, allestita negli spazi di “Amici di Piazza Grande”: «Anziché aspettare di essere contattati – spiega Mumolo – volevamo essere presenti nei luoghi dove stava chi aveva bisogno di noi. Perciò abbiamo creato presìdi nelle mense, come quella dell’Antoniano, e nei dormitori». Grazie ai rapporti intrecciati con tante realtà del terzo settore, poi, il modello di Bologna viene replicato: da Milano a Lecce, da Padova a Siracusa.

Le pratiche per la residenza rappresentano le parte più consistente dell’attività. Il garbuglio burocratico è stato ulteriormente complicato dal “decreto Salvini” (ormai legge dal dicembre 2018), in base al quale il permesso di soggiorno rilasciato agli stranieri richiedenti asilo non consente più d’iscriversi all’anagrafe e di avere la residenza. «Abbiamo intentato decine di cause in tutta Italia contro questa norma – dice Mumolo – e abbiamo sempre vinto. Pare che l’attuale governo intenda modificarla e i Comuni hanno iniziato ad ammorbidire la loro linea». E pure il diritto dell’immigrazione è materia con cui i volontari spesso si confrontano, tra richieste di protezione internazionale e ricorsi contro le espulsioni dal sistema di accoglienza.


A preoccupare Mumolo, adesso, è il fatto che per strada non si trovano solo persone malate, con disagi particolari o senza lavoro: «Ci finisce gente comune che non riesce a pagare l’affitto o il mutuo; genitori separati, imprenditori falliti, piccoli artigiani. Si lasciano divorare da sconforto e vergogna. Di solito, siamo noi a doverli cercare». Una storia esemplare è quella del torinese M. Dopo una separazione dolorosa, ha perso casa e contatti con la figlia: sua moglie, infatti, è emigrata in Germania e ha portato con sé la bambina. M. chiede aiuto all’associazione per affrontare il divorzio. Alla fine, riesce a ottenere un alloggio popolare, un tirocinio professionale e colloqui telefonici settimanali con sua figlia. La situazione via via migliora e lei, che all’inizio si mostrava distaccata, ricomincia a chiamarlo papà.

L’emergenza che stiamo vivendo ha aggravato e moltiplicato queste situazioni di fragilità. Durante la quarantena, “Avvocato di strada” ha puntato sul ricevimento online o telefonico. A Napoli i volontari hanno assistito un uomo ricoverato in ospedale per Covid-19. Poteva essere dimesso e trasferito in una Rsa, ma non aveva residenza e, quindi, nessuna struttura poteva accettarlo. Per risolvere l’impasse ed evitare che lui finisse in strada, i legali hanno preso ogni precauzione e l’hanno raggiunto. Un’altra questione di cui si sono occupati è l’impugnazione delle multe per violazione dell’obbligo di rimanere in casa irrogate a chi casa non ce l’ha. «Un’assurdità – commenta Mumolo – abbiamo lanciato un appello al presidente del Consiglio, ai sindaci e ai governatori di Regione, perché si smettesse di sanzionare questi soggetti e si attuassero sia un piano per dare loro un tetto sia un monitoraggio sanitario. Senza residenza si ha accesso solo alle cure urgenti, ma, in caso di sintomi riconducibili al virus, non si può andare in Pronto Soccorso. E in alcuni dormitori si sono sviluppati focolai. Occorre, allora, assegnare un medico a chi non ha dimora, perché garantire il diritto alla salute è un interesse collettivo».


La nuova sfida dell’associazione riguarda la regolarizzazione degli stranieri senza permesso di soggiorno, impiegati in nero in agricoltura o in attività domestiche. Una misura varata dal governo nel periodo dell’epidemia. «Il decreto 34 del 2020 – chiarisce Mumolo – prevede che i datori di lavoro “possono presentare istanza” per la sanatoria. Non significa che possono scegliere se farla, ma che ora è possibile farla senza conseguenze. E devono farla, altrimenti sarebbe come riesumare la schiavitù. La nostra interpretazione è in linea con quella consolidatasi nel 2002, quando l’esecutivo di centrodestra emanò un testo quasi identico all’attuale. All’epoca una direttiva ministeriale precisò che lo straniero stesso, dopo aver provato il rapporto lavorativo, potesse chiedere la regolarizzazione e ottenere nel frattempo un permesso di soggiorno di sei mesi. Ciò vale anche oggi. Di fronte all’eventuale rifiuto del datore di lavoro, noi procederemo con una diffida e, se necessario, con un ricorso. A Bari stiamo già istruendo una causa-pilota».

mercoledì 15 luglio 2020

Palermo, la vergogna del cimitero dei Rotoli. Il cappellano: "Dove è finita la pietà?"



Le bare accatastate al cimitero (foto Petyx)


Palermo, la vergogna del cimitero dei Rotoli. Il cappellano: "Dove è finita la pietà?"





08 luglio 2020

E' una vergogna", dice una madre seduta sulla bara del figlio, sistemata a terra in un magazzino del cimitero dei Rotoli di Palermo. Sono oltre 500 i feretri che aspettano una sistemazione, una parte sono stati sistemati  dentro un tendone. "Dove è finita la pietà?", dice il cappellano padre Salvatore Pistorio. Il cattivo odore è fortissimo tra le bare su cui picchia il sole. Una signora aspetta da 8 mesi che un suo parente trovi posto. "C'è un problema di spazi - sostiene l'assessore ai servizi cimiteriali Roberto D'Agostino - stiamo trovando delle soluzioni".

martedì 7 luglio 2020

Sempre più italiani - il 30% in più solo nel lockdown - portano i gioielli di una vita al Monte di Pietà.

Code al monte dei pegni, Torino, 20 aprile 2020 ANSA/ ALESSANDRO DI

Sempre più italiani - il 30% in più solo nel lockdown - portano i gioielli di una vita al Monte di Pietà. "Ho impegnato l'oro di mio marito morto". Le storie di Luciana, Carla, Ugo e Bahiana.





Giù nella piazza che è più una piazzetta, il perimetro stretto delimitato da sei sette “Compro oro”, non ci sono file. Luciana aspetta “una persona che mi darà una mano a riscattare l’oro che ho impegnato - spiega - poi andremo in gioielleria per venderlo e ricavarne qualcosa. Mi servono i soldi per pagare l’affitto, le bollette, per andare avanti”.

Così, “per avere soldi a disposizione subito”, ha pensato di impegnare l’oro del marito morto da qualche anno. 


Ero disperata” e così ha pensato di impegnare “tutti i ricordi di mio marito e anche quelli di mia madre, ma pezzo per pezzo li recupererò”, assicura.

“Ma devo pur mangiare, pagare le bollette”, dice Bahiana. E allora c’è il banco dei pegni

domenica 5 luglio 2020

La beffa dei test sierologici. Ora scadono, saranno buttati



A metà luglio inutilizzabili per l’indagine, a cui hanno aderito in 70 mila sul campione di 150 mila. 

L'indagine per ricostruire la circolazione del virus non riesce ad arrivare in fondo e i test stanno per scadere. Tra i segnali che dimostrano come i cittadini abbiano abbassato la guardia di fronte al Covid sembra esserci anche la scarsa adesione alla ricerca basata sui test sierologici. A un mese e mezzo dalla prima delle 190 mila telefonate in programma (ora quasi concluse), la Croce rossa ha raccolto l’adesione di meno della metà del campione di 150 mila 



sabato 4 luglio 2020

"Un'ondata di nuovi poveri. Nelle nostre mense il 90% di persone in più". La maratona di solidarietà dei francescani




“Nessuno si salva da solo” dice all'Huffpost Padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi: "Da settimane sono arrivate migliaia di richieste di aiuto, chi prima stava bene si è ritrovato all'improvviso senza soldi. Chi può, doni"


“Pochi giorni fa ho ricevuto il messaggio di una signora. Mi raccontava di aver dovuto dire al figlio che, a causa della crisi portata dal Covid, avrebbero dovuto rinunciare ad alcune cose, alle spese superflue. Il piccolo le ha detto ‘mamma, ma siamo diventati poveri? Ma almeno un gelato possiamo permettercelo?’. Lei non ha pianto solo perché era davanti al bambino”




venerdì 3 luglio 2020

....e poi lo pestano a sangue:..


Palermo, rischiano di investirlo e poi lo pestano a sangue: vittima un 23enne
Palermo,....rischiano di investirlo e poi lo pestano a sangue: vittima un 23enne


Il giovane senegalese è stato salvato da un ragazzo che ha visto la scena ed è corso per far smettere i tre aggressori


Il giovane senegalese è stato salvato da un ragazzo che ha visto la scena ed è corso per far smettere i tre aggressori. “una scena terrificante, non ho mai visto tanta ferocia contro una persona” racconta il ragazzo che lo ha strappato dalla furia dei tre aggressori. 

mercoledì 1 luglio 2020

Caporalato, fatturava 6 milioni pagando i braccianti 3 euro l'ora: arrestato noto imprenditore agricolo


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Si tratta di imprese che hanno prodotto un volume di affari nel solo 2019 calcolato in oltre 5 milioni e 800 mila euro.

L'imprenditore avrebbe sfruttato braccianti agricoli sia italiani che stranieri, questi ultimi per lo più di nazionalità africana  e albanese, quasi tutti reclutati nei ghetti.

I carabinieri hanno accertato che i lavoratori venivano pagati con un compenso che variava tra i 3,33 euro e i 5,71 euro l'ora, in totale violazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali di settore. I braccianti erano costretti a lavorare tra le 7 e le 9 ore al giorno, senza concessione  di alcun giorno di riposo e con una pausa giornaliera di circa 30 minuti.